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L’Italia,
il Pri
Una sfida, un progetto
Di Saverio Collura
Il risultato del
referendum greco con il consistente successo di Tsipras apre scenari europei
al momento non completamente definibili; ma soprattutto accentua il senso di
fragilità del ruolo italiano nello scacchiere politico europeo. Diventa
sempre più evidente che il bandolo della gestione
degli eventi è sostanzialmente nelle mani della Merkel, la quale concede ad
Hollande il ruolo di comprimario. Per il resto è il vuoto di ruolo e di
iniziativa politica. In questo contesto appare sempre più evidente la marginalità
che caratterizza l'azione politica del nostro premier Renzi, che sembra
sempre più un docile ed allineato soldatino che sostiene ed amplifica le
decisioni del cancelliere di ferro di turno. Eppure, qualunque dovesse essere
il punto d'approdo del dopo referendum, un dato è comunque pacifico: l'Italia
dovrà sostenere un peso consistente a seguito delle decisioni che la Merkel ed Hollande
vorranno assumere. Se sarà Grexit, graverà sul bilancio statale italiano una
minus valenza di circa 40 miliardi di euro (almeno 2,5 punti di Pil),oltre ovviamente alle problematiche più generali (e più
complesse) che potranno porre, e che stanno ponendo, i mercati finanziari. Se
viceversa si dovesse arrivare al salvataggio
(soluzione ovviamente preferibile, soprattutto per gli effetti geo-politici
connessi), l'Italia dovrà contribuire con almeno il 25% dell'impegno
finanziario complessivo necessario per condurre a buon fine l'operazione:
come si vede in entrambi i casi anche il popolo italiano sarà chiamato a
mettere mano al portafoglio. Ed allora, in questo contesto, ha senso
l'immagine di fedele scudiero che sembra voglia continuare ad incarnare il
nostro premier, confidando (forse) di poter ottenere così qualche decimale di
deficit in più nella legge di stabilità del prossimo autunno? Tutto ciò
farebbe ancora crescere l'Italia ad un ritmo sicuramente inferiore alla media
di crescita del Pil dei paesi europei e dell'area euro; di conseguenza
diverrebbe ancora più accentuata la già in atto divergenza
del nostro sistema paese rispetto agli omologhi paesi dell'Europa e
dell'Occidente. È questa la prospettiva che ci attende, se continueremo con
questa politica: saremo ancora un paese da tenere sotto il rigido controllo
"dei burocrati di Bruxelles", con il guinzaglio corto per evitare
che la nostra pessima politica ci conduca al disastro; che si ritorni insomma
agli anni del 1992 prima, e del 2011 dopo. Non
possiamo e non dobbiamo continuare a rappresentare l'anello debole, il vagone
di coda che rallenta la marcia, per il pericolo dall’eventuale deragliamento
del vagone di coda.
Ma la soluzione dei problemi dell'Italia appare oggi, se possibile, ancora
più complessa per le gravi carenze ed insufficienze del sistema politico
nazionale, che non si è dimostrato, ancora una volta, all'altezza del compito
al quale è chiamato dalla situazione in atto. Sulla questione Grecia, stiamo
assistendo ad un confronto sterile ed impotente tra la negatività
dell'opposizione (alla quale sembra volersi accodare Forza Italia), che
immagina di trovare la causa di tutti i nostri mali nella critica sterile,
dannosa ed inconcludente al progetto della moneta unica e dell’Euro, in
realtà la sola vera ed efficace risorsa oggi a disposizione della inetta
politica nazionale ed europea per far fronte alle tempeste finanziarie dei
mercati, ed alle gravi difficoltà congiunturali in atto. Altrettanto
velleitaria appare la monotona ripetizione della necessità di una politica di
sviluppo e di crescita a livello europeo recitata con totale inconsistenza
dal governo, perché scontata nell’enunciazione. Si tratta
infatti di una constatazione inefficace ed inutile, se non è
suffragata da una coerenza di comportamenti nell'azione interna. L'Italia
oggi potrebbe ricoprire un ruolo estremamente positivo e propositivo per dare
concretezza alla giusta esigenza di una diversa politica europea; ma questa
possibilità risulta allo stato vanificata
dall'assenza di una credibilità dell'azione di governo, che a tutt'oggi, e da
qualche decennio, non ci viene riconosciuta.
Al suo 47º congresso nazionale, il Pri ha indicato un itinerario, un progetto
politico per portare il nostro paese nel cuore dell'Europa politica; per
renderlo così attore determinante del futuro del nostro Continente. La strada
è semplice nell'enunciazione, ma complessa
nell'attuazione: bisogna passare dalla "filosofia" che caratterizza
la Legge di
Stabilità (lo strumento comunitario di bilancio e fiscalità) , a quella di un
nuovo strumento comunitario che potremmo chiamare “La legge di Innovazione,
Sviluppo e Crescita”. È questo il compito che si è assegnato il Pri: in
sostanza come trasmigrare dall'attuale Europa burocratica e ragionieristica,
ad una Istituzione politica, umana e sociale,
chiaramente identificata negli Stati Uniti d’Europa.
Roma, 8 Luglio 2015
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